Autore: Milena Magnani
Editore: Feltrinelli
Collana: I Canguri
Pagine: 176
Prezzo: Euro 12,50
Il titolo mi ha attratto: “Il Circo capovolto”; poi è stato il linguaggio che mi affascinato… un italiano stentato come di chi cerca di parlare una lingua “altra” rispetto alla propria. Ma è proprio il tentativo altro di trovare le parole rispetto ad una sintassi di un italiano corretto ha permesso di comunicare la profondità, di esprimere sentimenti e concetti, di descrivere situazioni, di entrare in una saggezza senza spreco di termini, senza allocuzioni, in modo del tutto diretto.
La storia, o meglio la favola, come il protagonista vuole che si chiami, si dipana e si ricostruisce a tratti percorrendo avanti ed indietro, tra il passato ed il futuro, la vita di un uomo che porta in sé contraddizioni, interrogativi, speranze che un nugolo di bambini costringe a emergere.
E’ la storia di un uomo che all’improvviso si trova con le radici per aria, non più affondate in un terreno, qualsiasi esso fosse, ma racchiuse in dieci scatoloni legati con un nastro rosso. Contengono l’essenza di un Circo ripiegato e nascosto, la storia tragica della sua famiglia. È la storia di uno sterminio dei nomadi nei Lager, di cui oggi poco si parla, ma anche la storia di un tradimento e di una vendetta. Branko cerca affannosamente di nascondere di nuovo quegli scatoloni, finiscono invece per diventare il futuro di una storia nuova.
La “favola” si svolge in un campo nomadi alla periferia di una città, un luogo chiuso da un reticolato ed un cancello, dove la vita scorre con tutte le sue fatiche, prepotenze, povertà, deliri. Un campo di uomini senza radici … Senza una lingua … dal futuro incerto dove l’accoglienza ed il rifiuto dell’altro si intrecciano in modo inspiegabile ma sanno produrre un senso di rispetto e libertà.
La città rimane fuori con il suo traffico, i rumori, i fumi, gli odori. Solo l’auto della polizia vi entra ed il furgone che porterà via il corpo di Branco “l’ungarele”, ma non la sua anima che stenta a morire ed iniziare il lungo viaggio che l’aspetta, nonostante le volpi che lo mordicchiano perché acceleri il suo andare. Ma anche le volpi si acquietano perché prima Branco deve recuperare la sua vita, la sua favola, le sue appartenenze, il rapporto faticoso in quel campo, le risa sguaiate dei bambini, i loro occhi pieni di futuro, l’applauso del vecchio Askan.
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